Notizie Salutari novembre 2017

Notiziario periodico redatto dalla dott.ssa Fiamma Ferraro per Buteyko-Italia e riprodotto su autorizzazione

Un rimedio efficace per influenza e raffreddori

In questa stagione mi trovo a segnalare delle misure efficaci per prevenire e guarire raffreddori ed influenze.

Mentre per l’influenza si può ricorrere (ed in vari casi anch’io lo consiglio) alla vaccinazione, per i raffreddori questa misura non è disponibile e non è facile trovare dei rimedi veramente efficaci. Si diceva un tempo che “un raffreddore curato dura una settimana, e un raffreddore non trattato dura sette giorni!”

Scherzi a parte, dati i notevoli sbalzi di temperatura, quest’anno questi problemi si verificano con una frequenza maggiore del solito, ed anche per questo motivo la mia attività medica è stata così intensa che, (come spero avrete notato!) nel mese di novembre non ho avuto abbastanza tempo libero per scrivere questo notiziario mensile! Nei miei Notiziari dei passati 15 anni ho segnalato vari rimedi (fitoterapici, ortomolecolari ed altri) contro raffreddori e influenza. Torno ora sull’argomento per segnalare un altro rimedio che, dalle mie constatazioni e osservazioni di vari studi, appare tra i più efficaci: si tratta di due forme particolari di zinco.

Lo zinco è in genere carente nei nostri alimenti poiché le attuali pratiche di agricoltura, abitudini alimentari ed altri fattori, rendono i nostri terreni poveri di zinco e, fattore aggravante, ricchi di rame che pur anch’esso indispensabile nella giusta dose, ha un effetto antagonistico rispetto allo zinco, rendendone più difficile l’assorbimento.

Dello zinco, ne sono da molti anni note le proprietà benefiche per il sistema immunitario, per il buon funzionamenteo dell’equilibrio ormonale, insulina, tiroide, ormoni sessuali e vari studi hanno constatato anche una relazione tra bassi livelli di zinco ed asma.

Quanto però a raffreddori ed influenza, vi sono in particolare solo due forme di zinco veramente efficati, e cioè zinco acetato e zinco gluconato, che non è facile trovare nei vari integratori a base di zinco.

L’efficacia superiore di queste due forme di zinco contro i virus del raffreddore è stata studiata in particolare presso l’Università di Helsinki (e si può capire come nella fredda Finlandia vi sia un particolare interesse per l’argomento!) che nello scorso maggio, a seguito di una meta-analisi di tre studi clinici in doppio cieco su 200 pazienti, ha constatato che al quinto giorno il 70 % di coloro che avevano assunto lo zinco acetato era guarito, mentre tra i pazienti del gruppo placebo il tasso di guarigione era solo del 27% (ved. University of Helsinki. “Zinc acetate lozenges may increase the recovery rate from the common cold by three-fold.” ScienceDaily. ScienceDaily, 11 May 2017. www.sciencedaily.com/releases/2017/05/170511095151.htm)

Altri precedenti studi hanno dimostrato un effetto analogo (anche se in alcuni casi un po’ inferiore) per lo zinco nella forma del gluconato.

Il dosaggio di zinco impegato in questi studi, pur considerevolmente superiore a quello raccomandato nei consigli generali, non deve comunque superare determinati limiti e va attentamente valutato nei vari casi.

Qual è il motivo per cui l’efficacia dello zinco in queste due forme dell’acetato e glutinato è notevolmente superiore a quella di altre forme di zinco?

Il motivo consiste nel fatto che lo zinco in queste 2 forme rilascia nell’organismo nella forma di ioni con carica positiva, particolarmente efficaci contro i virus del cavo ororinofaringeo (ai quali impedisce di penetrare nelle cellule) e per la stimolazione della produzione di interferone gamma (una delle difese essenziali del nostro organismo contro i virus).

Poiché peraltro lo zinco in queste due forme ha bisogno, per esercitare questi effetti contro i questi virus, di un contatto prolungato con la mucosa orale, è importante che esso non sia assunto nella forma di sciroppi o compresse da ingoiare, ma nella forma di pasticche che si sciolgono lentamente in bocca.

Glifosato; divieto ancora rinviato

A proposito degli “Interferenti endocrini” di cui abbiamo parlato nel precedente notiziario, mi soffermo in particolare su uno di questi interferenti: il glifosato, l’erbicida-pesticida più venduto al mondo, classificato come “probabilmente cancerogeno” dalla IARC (agezia internazionale per la ricerca sul cancro)

L’esempio più importante è quello dei diserbanti a base di glifosato, di cui è da tempo sospettato l’effetto cancerogeno, effetto che tuttavia nell’ultimo esame da parte dell’Unione Europea, non è stato ritenuto “del tutto provato”, per cui la decisione di vietarlo è stata ulteriormente rinviata; (e nella votazione ddello scorso fine novembre il divieto è ora stato ancora una volta rinviato di 5 anni, nonostante il voto di Italia e Francia che hanno insistito per un divieto immediato.

E’ peraltro ampiamente provato un altro importante effetto negativo di questo diserbante-pesticida, consistente nel fatto che le piante che crescono in terreni irrorati con diserbanti a base di glifosato mancano di vari elementi vitali, tra cui in particolare lo zolfo.

Questa sostanza di grande importanza è al giorno d’oggi praticamente “dimenticata”.

Si tratta del terzo minerale più abbondante nel corpo. Nelle linee guida per una buona alimentazione si trova raramente un accenno all’importanza dello zolfo, essenziale per la salute ma che ormai non si trova più in forma organica nei cibi.

La causa principale di questa carenza è dovuta appunto all’introduzione di fertilizzanti artificiali ed in particolare dei diserbanti con glifosato, che hanno praticamente “spezzato” il ciclo dello zolfo, rendendo quasi impossibile alle piante l’assimilazione di quantità sufficienti di zolfo dal terreno.

L’argomento è stato trattato in profondità dalla ricercatrice S. Seneff del celeberrimo M.I.T. (Massachussets Institute of Technology) che vede nell’introduzione di diserbanti a base di glifosato una delle cause fondamentali della carenza di zolfo nelle piante e del conseguente aumento vertiginoso di alcune malattie. La Prof. Seneff, nel constatare che i test nell’urina degli americani dimostrano una concentrazione di glifosato 10 volte superiore a quella degli europei, teme che…”.

L’importanza dello zolfo per la salute delle vie respiratorie, articolazioni ed altro, è nota fin dai tempi degli antichi romani; cure termali con bagni ed inalazioni di vapori di zolfo sono effettuate da secoli e, come metto in rilievo nel mio sopracitato libro sulle diete, la salute degli abitanti in zone con terreni vulcanici, che sono particolarmente ricchi di zolfo e che mangiano pertanto alimenti abbastanza ricchi di zolfo, hanno una salute e durata media della vita superiore a quella di abitanti di zone con climi ed abitudini alimentari analoghe ma in cui non vi sono terreni vulcanici .

La “nuova” scienza del microbiota/microbioma

Ai primi di novembre si è tenuta in Germania, a Baden-Baden la “Medizinische Woche” (settimana medica). Si tratta del congresso di medicina naturale-integrata ritenuto come il più importante in Europa.

Quest’anno poi il congresso era di particolare interesse perché dedicato in buona parte alla scienza del microbiota/microbioma. Ciò che peraltro mi ha lasciata un po’ perplessa è stato il sentir parlare di questa scienza come di una scienza del tutto nuova. In realtà fin dai primi anni del 2000 si è iniziato a studiare questo argomento e, a partire dal 2005 il numero di studi su questo argomento si è moltiplicato in modo esponenziale.

5 anni fa accennavo all’argomento scrivendo: “Nel 2003 è stata portata a termine, con orgoglio, lʼidentificazione del genoma umano. Si sperava che con lʼidentificazione di vari geni responsabili di specifiche malattie sarebbe stato possibile trovare rapidamente il modo per prevenire o guarire queste malattie. Sembra tuttavia che questa ricerca stia per ora dando risultati inferiori a quelli sperati. Forse perché, come osserva Asher Mullard su «Nature News», nel cercare di rispondere alla domanda “chi sono io?” non si è ar­rivati a pensare che forse occorrerebbe invece chiedersi “chi siamo noi?”, poiché «lʼorganismo umano costituisce una comunità in cui prosperano un numero prodigioso di batteri e microrganismi i quali hanno milioni di geni, mentre il genoma umano ne ha solo poco più di 20.000. Dire che siamo sopraffatti come numero è quindi una colossale sottovalutazione!».

La ricerca si è pertanto orientata, dopo il completamento dellʼidentificazione del genoma umano, verso lʼidentificazione delle sequenze genetiche dei microrganismi ospitati.

Uno di questi ambiziosi progetti, “The Human microbiome project” è stato lanciato, con grandi mezzi, dal National Health Institute negli Stati Uniti, e finalmente sembra che gli scienziati inizino a interessarsi non più solamente allo studio dei geni prettamente umani ma anche allo studio e identificazione dei geni delle varie specie di microrganismi ospitati nellʼorganismo umano, e cioè allo studio del “microbioma”.

Anche lʼUnione Europea da parte sua si sta muovendo in questa direzione e la Commissione ha lanciato unʼiniziativa quadriennale, dal nome di “Metagenomica del tratto intestinale umano” (MetaHIT).

Solamente nellʼintestino è contenuta una massa di circa 1 kg di batteri. Come osserva lo scienziato Dave Reilman, Ph.D., della Stanford University, «soltanto lo 0,4 % circa di tutte le specie batteriche esistenti è stato identificato» e, come suggerisce Rowan Hooper sul «Wired Magazi­ne», «la maggior parte delle cellule nel vostro corpo non è vostra, e non è nemmeno umana, ma batterica. Dai ceppi invisibili di funghi nascosti tra le dita dei piedi al chilogrammo di batteri nellʼintestino”.

Negli anni successivi ho approfondito l’argomento (concentrandomi, come i lettori di questo Notiziario possono indovinare) con particolare attenzione sui microrganismi nel nostro apparato respiratorio e sull’alimentazione. Tuttavia si tratta ancora di una tematica in continua evoluzione, sulla quale emergono in continuazione nuove scoperte. Spero comunque di riuscire a completare l’opera (In base allo stato attuale delle conoscenze) in tempi non troppo lontani.

Corso “Buteyko e sport”

Ho tenuto a Milano, insieme al Prof. Lucio Ongaro, la seconda edizione del corso “Buteyko e Sport” (https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/medicina-non_convenzionale/sei-uno-sportivo-migliora-la-tua-respirazione-con-il-metodo-buteyko). Anche questa seconda edizione è stata molto interessante, grazie anche al contributo dei partecipanti nella discussione.

Segnalo in particolare la presentazione sul pattinaggio artistico, in cui sono stati esposti i dati raccolti dalll’istruttore Andrea Chellini sull’andamento dei dati del gruppo agonistico di pattinaggio artistico, comprendente la neo campionessa italiana di categoria.

I dati riguardanti le abitudini respiratorie dei componenti del gruppo sono interessanti, sia in relazione alla ritenzione di CO2, sia per l’ andamento dello stress connesso all’allenamento.

Avviso importante:

Tutti i notiziari qui riportati hanno solo scopo informativo e, anche se alla redazione ha partecipato un medico, non intendono in alcun modo dare consigli medici, per i quali sarebbe necessario un esame medico individuale e di persona, con approfonditi accertamenti.

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